In Europa un lavoratore su 4 ha problemi di salute dovuti allo stress durante l’attività lavorativa. Un problema non solo per le persone, ma anche per la produttività aziendale, poiché lo stress è causa di buona parte delle giornate lavorative perse. Negli ultimi anni questo rischio è aumentato a causa della pandemia, della crisi energetica, di quella economica, ma già dal 2011 le aziende hanno l’obbligo di occuparsi del problema. Come? L’ISPESL nel 2010 ha realizzato un questionario a disposizione dei datori di lavoro, che rappresenta uno primo strumento per valutare correttamente il livello del rischio stress lavoro-correlato.
Ma l’OMS raccomanda ai datori di considerare anche le condizioni di lavoro, gli ambienti, le modalità di lavoro nuove (ad esempio il lavoro flessibile). Nel 2021, inoltre, è stata ratificata in Italia la convenzione ILO che sancisce l’inclusione della violenza e delle molestie nella gestione della salute e della sicurezza sul lavoro.
Occorre gestire i rischi psicosociali in maniera più approfondita. La Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione (CIIP) propone un nuovo metodo che prende in considerazione fattori di rischio aggiuntivi, rispetto a quelli utilizzati nel 2010 dall’ISPESL, ora confluito nell’INAIL.
La valutazione del rischio psicosociale richiede l’impegno di tutta l’azienda, mentre la valutazione dello stress lavoro-correlato, elaborato dall’ISPESL, poteva essere effettuata anche solo dal datore di lavoro o da un suo delegato. In attesa che l’INAIL pubblichi questo modello, rendendolo ufficiale, vediamo come si articola.
Il metodo propone l’utilizzo d nuovi strumenti:
- checklist per la valutazione ergonomica degli ambienti di lavoro
- lista di controllo per l’analisi dei fattori psicosociali nell’organizzazione
- scheda rischi psicosociali in azienda
- checklist cambiamenti
- checklist rischio tecnostress
Questi strumenti devono essere utilizzati in relazione ad ogni gruppo omogeneo presente nell’azienda, che devono essere individuati non solo considerando le sedi, le mansioni, i turni, ma anche in relazione ai fattori di rischio stress correlati ed alle diverse modalità di lavoro, quali il lavoro agile.
Per valutare i rischi psicosociali in modo preciso e coerente alla realtà, la compilazione di queste schede deve avvenire in due momenti diversi:
- individualmente
- in gruppi più o meno grandi
Nelle piccole aziende questa differenziazione è poco utile, causa l’esiguità del numero dei lavoratori. I due momenti possono quindi fondersi in una intervista semi-strutturata: un colloquio tra intervistatore e singolo lavoratore, che comunque garantisca la privacy e la corretta analisi dei dati individuali e collettivi.
È possibile, inoltre, la compilazione delle schede in gruppo e, successivamente, l’intervista delle sole persone
- che hanno particolari caratteristiche di età, genere, provenienza
- dei gruppi in cui sono emerse lamentele o disagi
- dei gruppi omogenei cui l’azione correttiva si sta rivelando poco efficace
- quando in azienda è già presente lo psicologo del lavoro