La silicosi è una malattia silenziosa che uccide ogni anno 400 persone. A provocarla è la silice cristallina, il cui acronimo è Slc, ovvero un minerale che deriva dalle rocce vulcaniche, un composto chimico cancerogeno conosciuto da decenni, sebbene spesso sia sottovalutata.
Si tratta di un quarzo la cui malattia professionale, la silicosi, è una delle prime malattie professionali riconosciute in Italia, fin dal lontano 1943. L’Inail identifica la silicosi come una “tecnopatia dalle gravi conseguenze invalidanti”.
Cos’è la silice cristallina
Legati tra loro, silicio (Si) e ossigeno (O) rappresentano il 74% in peso della crosta terrestre. Spesso questi due elementi sono legati ad altre sostanze e rappresentano i silicati, ma talvolta si legano tra loro senza altri elementi, formando la silice (SiO2). La silice cristallina è la forma più comune di questo composto.
Una polvere aerodispersa è considerata silicotigena se contiene almeno 1% in peso di silice cristallina. L’Inail ha elaborato la “banca dati esposizione silice” che contiene i dati di campioni ambientali di polveri respirabili e di campioni massivi, ovvero materie prime, frammenti di rocce, fanghi di processi industriali e di polveri sedimentate sulle superfici dei luoghi di lavoro. Questi dati descrivono bene l’esposizione professionale alla silice cristallina per settore produttivo e per mansione.
Perché la silice cristallina è nociva
La silice cristallina si sprigiona soprattutto durante la lavorazione industriale di ceramiche, malte e mattoni. Si tratta di polvere la cui dimensione è inferiore a 10 micrometri, se inalata si accumula nella parte profonda dei polmoni, ovvero nella zona alveolare, provocando l’irritazione del tessuto polmonare e infiammazione (la silicosi). Si ha quindi difficoltà respiratoria, tosse, bronchiti ricorrenti.
Nel tempo i polmoni si danneggiano (fibrosi polmonare) e il sistema immunitario si altera, aumentando la suscettibilità del paziente ad altre infezioni polmonari. La situazione peggiora sempre di più: si tratta di una malattia irreversibile e incurabile.
La silicosi cronica si manifesta dopo un periodo di latenza più o meno lungo, normalmente decenni, anche dopo che si è interrotto l’esposizione. La gravità della malattia è direttamente proporzionale all’entità e alla durata dell’esposizione.
La silicosi rappresenta solo l’inizio della malattia, poiché essa normalmente progredisce e genera ulteriori gravi complicazioni, quali silico-tubercolosi, tumori polmonari e malattie autoimmuni.
I lavoratori a maggior rischio sono quelli che movimentano o inducono l’esplosione di roccia e sabbia: minatori, lavoratori nelle cave, tagliatori di pietre preziose, chi utilizza abrasivi di roccia o sabbia contenenti silice (ceramisti, muratori, marmisti). I settori più interessati sono i cementifici, le fonderie, le vetrerie, le ceramiche artistiche, i piastrellifici e colorifici ceramici, la lavorazione del cotto, i laterizi e le terracotte, gli orafi, il cantiere della TAV, l’agricoltura, l’estrazione di minerali in miniera, gli scavi, la riparazione delle strade, la pulizia delle superfici di edifici, la sabbiatura, gli odontotecnici, la ricostruzione e l’applicazione di unghie finte, la produzione di materassi.
La normativa sulla silice cristallina
Nelle lavorazioni in cui è prevista la presenza di silice libera cristallina respirabile (ad esempio nelle imprese edili che effettuano demolizioni, taglio di pavimenti, sabbiatura, levigatura, lavori comportanti esposizione a polvere di silice cristallina respirabile) è obbligatorio valutare il rischio mediante misurazioni sul campo.
Dal 2020 l’Italia ha introdotto un valore limite di esposizione professionale (Vle) pari a 0,1 mg/m3.
La prevenzione
Occorre tenere sotto controllo la polvere di silice. Se non è possibile i lavoratori devono indossare cappucci che forniscono aria fresca dall’esterno e maschere per filtrare le particelle fini.
Per pittori e saldatori si raccomanda l’utilizzo di abrasivi al posto della sabbia.