Se sul posto di lavoro si infortuna un estraneo, il datore di lavoro può essere ritenuto responsabile. Ovviamente dipende cosa sia accaduto: per quale ragione l’estraneo si trovava lì? Il datore di lavoro sapeva della sua presenza o poteva aspettarselo? Vogliamo spiegare questo concetto con l’ultima sentenza della Corte di Cassazione che ha affrontato un caso analogo. I fatti si sono verificati in un cantiere edile della provincia di Pescara.
Il Tribunale di Pescara aveva condannato un datore di lavoro con la sentenza del 21 aprile 2022. Il reato contestato era quello di cui all’art. 122 del d.lgs. 81/08:
Nei lavori in quota, devono essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stessi, adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e di cose […]
Per questo articolo è prevista una sanzione penale: arresto fino a 6 mesi o ammenda da 3.071€ a 7.862€. Il tribunale di Pescara aveva deciso come pena un’ammenda di 4.000€.
L’imputato ha fatto ricorso presso la Corte di Cassazione sostenendo questa tesi difensiva: gli operai presenti, per cui il datore di lavoro è stato condannato, non erano suoi dipendenti, e comunque non stavano lavorando per conto suo.
La Corte di Cassazione (Cassazione penale, Sez. 3, 28 aprile 2023, n. 17783) ha rigettato il ricorso sostenendo:
[…] che il lavoratore si trovi nell’area in cui opera una diversa impresa e collabori, anche indebitamente, alle lavorazioni affidate a un dipendente di altro datore di lavoro, non può considerarsi eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dall’imprenditore a tutela dei suoi diretti dipendenti.
Quanto riportato dalla Corte non è nuovo, anzi già più volte negli anni è stato espresso lo stesso concetto. Ad esempio nella sentenza n. 57930 del 03/07/2018:
in tema di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, le norme antinfortunistiche sono dettate a tutela non soltanto dei lavoratori nell’esercizio della loro attività, ma anche dei terzi che si trovino nell’ambiente di lavoro, indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell’impresa, di talché, ove in tali luoghi si verifichino a danno del terzo i reati di lesioni o di omicidio colposi, è ravvisabile la colpa per violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, purché sussista tra siffatta violazione e l’evento dannoso un legame causale e la norma violata miri a prevenire l’incidente verificatosi, e sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo all’attività ed all’ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell’infortunio, non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico.
Per i fatti avvenuti nel pescarese la Corte di Cassazione ha condannato il datore di lavoro al pagamento delle spese processuali e un ammenda di 3.000€.