Le mascherine che rappresentano DPI (ovvero le FFP1, FFP2 e FFP3) devono essere marcate CE oppure validate dall’INAIL in deroga.
Se sono marcate CE il datore di lavoro deve possedere le “Informazioni del fabbricante” e la “Dichiarazione di conformità”, che possono essere contenute nella scatola di acquisto o talvolta reperite sul sito internet del produttore. Se sono validate dall’INAIL devono essere accompagnate dal regolare documento di validazione.
Le mascherine chirurgiche sono presidi medici; fino al termine dell’emergenza Coronavirus possono essere utilizzate quali DPI. Anche per queste valgono le regole scritte sopra con l’unica eccezione che il marchio CE, nel caso delle mascherine marcate CE, non è impresso sulle stesse ma sulla confezione.
Aggiornamento
Originariamente l’articolo fu scritto in piena pandemia l’8/11/2020. A seguito dell’entrata in vigore della legge n. 87/2021, è cessata la funzione di validazione straordinaria e in deroga dei dispositivi di protezione individuale (dpi) attribuita a Inail.
Dal 1 luglio 2022 e fino al 31 ottobre 2022 viene eliminata la parte presente nel precedente protocollo , che prevedeva nei confronti dei datori di lavoro “in tutti i casi di condivisione degli ambienti di lavoro, al chiuso o all’aperto” che è comunque “obbligatorio l’uso delle mascherine chirurgiche o di dispositivi di protezione individuale di livello superiore”.
Non si parla più di obbligo quindi, ma i datori di lavoro dovranno mettere a disposizione le mascherine FFP2 (non si parla più di mascherine chirurgiche) ai gruppi di lavoratori ritenuti più a rischio all’interno del luogo di lavoro.
L’uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie di tipo facciali filtranti FFP2 rimane un presidio importante per la tutela della salute dei lavoratori ai fini della prevenzione del contagio, soprattutto nei contesti di lavoro in ambienti chiusi e condivisi da più lavoratori o aperti al pubblico o dove comunque non sia possibile il distanziamento interpersonale di un metro per le specificità delle attività lavorative.”