Il decreto D.lgs 116/2020 ha modificato il concetto di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani. Il termine “assimilato” viene eliminato per dare posto ai “rifiuti indifferenziati provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici”, individuati nell’allegato L-quater e prodotti dalle attività elencate nell’allegato L-quinquies, parte IV del Codice Ambientale.
La nuova definizione di rifiuti urbani viene riportata alla nuova lettera b-ter dell’articolo 183 ed è entrata in vigore assieme agli allegati L-quater e L-quinquies a partire dal 1° gennaio 2021.
Una differenza sostanziale con la precedente definizione sono i rifiuti prodotti dalle attività industrial. Questi rimarranno classificati speciali e non più rifiuti assimilati agli urbani (salvo rifiuti prodotti dagli uffici) e come tali andranno gestiti.
La gestione di tali rifiuti potrà essere svolta, a scelta dell’impresa, attraverso il servizio pubblico, svolto in regime di privativa comunale, oppure rivolgendosi al mercato, attraverso imprese autorizzate. In tal caso la quota di rifiuti così gestiti e avviati a recupero, sarà scomputata dal calcolo della parte variabile della TARI.
Le utenze non domestiche che intendono conferire tali rifiuti al di fuori del servizio pubblico dovranno comunicare all’ente gestore d’ambito o al comune la scelta di non avvalersi del servizio pubblico. Per ottenere la riduzione della TARI, occorrerà poi comunicare ogni anno le quantità di rifiuti conferite nell’anno precedente a soggetti diversi dal servizio pubblico, documentandone l’avvio a recupero.
Il nuovo sistema è già vigente dal 1° gennaio 2021, ma, in assenza dei chiarimenti auspicati e dei conseguenti adeguamenti dei Regolamenti Comunali in materia di TARI, significative sono le criticità che al momento permangono. Queste non consentono quindi di fornire, in questo momento, indicazioni certe alle imprese per poter effettuare scelte in linea con le proprie esigenze economiche ed organizzative.